"Piccoli equivoci senza importanza", d'Antonio Tabucchi

Publié le par Emmanuelle Caminade

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

J'avais déjà lu cet ouvrage d'Antonio Tabucchi dans la traduction française proposée par Christian Bourgeois (1) et il ne m'avait pas laissé un souvenir marquant. Reprenant ce texte une quinzaine d'années après, en italien, je m'interroge. Comment n'ai-je pas été sensible à la profonde nostalgie qui émane de ce recueil ? Peut-être ai-je changé – vieilli sans doute ! - ? Peut-être aussi la langue originale permet-elle, seule, d'aborder subtilement cette nostalgie, de saisir – paradoxalement – tout le non-dit caractérisant cette oeuvre qui met à contribution le lecteur pour combler «les trous» de cette «toile aux fils entrecroisés» qu'est la vie ?

(1) Petits malentendus sans importance , traduit de l'italien par Martine Dujardin,Christian Bourgeois éditeur, 1987

 

L'écriture d'Antonio Tabucchi est en effet précise et subtile mais non exhaustive; elle suggère, elle envoie des signes qu'il faut capter entre les lignes . L'auteur - qui attache une grande importance aux mots – a d'ailleurs jugé bon de demander une nouvelle traduction (2) de Piccoli equivoci senza importanza. Et, déjà le remplacement, dans le titre, de «malentendus» par «équivoques» répare un important contre-sens sur l'oeuvre en question. Car le terme «malentendu» suppose un sens déchiffrable, pouvant parfois être mal compris, tandis que celui d' «équivoque» indique l'impossibilité pour chacun d'accéder à un sens clair et unique. Nous ne pouvons percevoir le «motif global» du «tissu» de nos vies. La réalité du monde qui nous est offerte ne permet pas de lire ce dernier !

(2) Petites équivoques sans importance, traduit de l'italien par Bernard Comment, Gallimard , collection Folio, 2006

 

Piccoli equivoci senza importanza est un recueil de onze courtes nouvelles, onze fragments de vies dont l'auteur met en lumière la complexité et l'incongruité. Ce ne sont qu'incertitudes et incompréhensions, erreurs idiotes, incidents dérisoires, opportunités non saisies. Tous ces petits riens, tous ces silences, ces petites lâchetés qui prennent des proportions imprévisibles et entraînent des conséquences irréversibles. Les personnages mettent le doigt dans un «engrenage  implacable» dont ils ne détiennent pas les commandes, ils sont happés, incapables de maîtriser leur vie qui se déroule vertigineusement comme une «pelote de fil» qui se dévide. Les rôles sont alors assignés et chacun joue mécaniquement le sien, se conforme à son image sans pouvoir réagir.

Et la vie apparaît comme «une danse», une agitation absurde. Que ce soit en voiture en bateau ou en train, on voyage beaucoup dans ces nouvelles mais tous ces parcours se révèlent insignifiants car la vie est une énigme, un «rébus» dont on n'a pas la solution. C'est là qu'intervient le miracle de l'écriture qui réunit tous ces fragments en allant au-delà de la «matérialité» du réel, explorant «les vides entre les choses».

 

Tabucchi fait appel aux solutions simples des rêves, écoute, épie le moindre signe, fait surgir des fantômes réconfortants et retrouve les rituels innocents qui permettent aux enfants de déchiffrer le monde en le simplifiant. Et c'est bien dans ce «désir de simplification», propre au rêve et à l'enfance, que s'enracine la nostalgie de l'auteur, une nostalgie qui fait échapper à la tristesse et à la douleur en transcendant le regret, regret de ce qui a été et de ceux qui ont disparu, regret de ce qui aurait pu être et n'a pas été. Car ce livre a aussi quelque chose de radieux, de brillant et de joyeux; il résonne comme un «hommage» à tout ce qui donne son prix à la vie : hommage aux êtres aimés, aux livres et aux poètes qui rendent heureux, aux villes et aux régions qui vous attachent ...

 

En donnant une forme narrative à la nostalgie, ces belles nouvelles d'Antonio Tabucchi offrent au lecteur l'illusion d'appréhender l'existence, de dépasser la contingence, l'incomplétude et la pesanteur de la réalité, car le fictif n'y a pas moins de réalité que le «réel». L'auteur est cet illusionniste qui sait dire nos rancoeurs, nos regrets et nos rêves, formuler cette tension entre «matérialité» et «idéalité». Et ce n'est pas un hasard si, dans une des nouvelles qu'il nous présente en note comme «réaliste», le professeur de littérature se dénomme il Nostalgico !

 

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Piccoli equivoci senza importanza, Antonio Tabucchi, Feltrinelli Editore Milano, 1985, Universale Economica Feltrinelli, 1988, 23ème édition, juillet 2006, 160 p.

 

EXTRAITS :

Piccoli equivoci senza importanza

p.11/13

(...) Forse non si dovrebbe andare a trovare una ragazza della quale si è stati innamorati, il giorno in cui stanno per tagliare i seni. Se non altro per propria difesa. Ma io non avevo nessuna voglia di difendermi, mi erò già arreso. E così ci andai. L'aspettai nel corridoio prima delle sale operatorie, dove li fanno sostare per qualche minuto in attesa del loro turno. Arrivò sul lettino con le ruote, sul viso aveva l'allegria innocente della pre-anestesia , che credo dia una commozione senza consapevolezza. Aveva gli occhi lustri e io le strinsi la mano. Le restava la paura, ma ottusa dalla chimica, lo capii. Dovevo dirle qualcosa ? Avrei voluto dirle : Maddalena, sono sempre stato innamorato di te, chissà perché non sono mai riuscito a dirtelo prima. Ma non si può dire una cosa del genere a una ragazza che sta entrando in una sala operatoria per un'operazione come quella. E allora le dissi a tutta velocità : molte sono le malvagità del mondo ma l'uomo tutte le supera anche oltre il mare di spuma sotto l'impetuoso vento del sud egli avanza ed attraversa le perigliose onde che gli ruggiscono intorno, che erà una battuta dell'Antigone che le dicevo alla recita tanti anni prima, chissà come mi venne in mente così bene e non so se lei se la ricordava, se era in grado di capire, mi stringe la mano e la portarono via. Io scesi giù allo spaccio dell'ospedale, l'unico alcoolico disponibile era l'amaro Ramazzotti, ce ne vollero una decina per riuscire a ubriacarmi, quando comincai a sentire una certa nausea andai a sedermi su una panchina davanti alla clinica e dovetti cercare di convincermi che presentarmi dal chirurgo era una pazzia, era un desiderio dato dalla sbornia, perché volevo proprio andare dal chirurgo e dirgli di non buttarli nell'inceneritore, quei seni, di darli a me perché li volevo conservare, e anche se dentro erano malati non me ne importava niente, perché tanto c'è sempre una malattia dentro tutti noi, e io a quei seni gli volevo bene, insomma, come dire ? , avevano un significato, speravo capisse. Ma quel barlume di raziocinio che mi restava me lo impedì e riuscii a raggiungere un taxi, a casa dormii tutto il pomeriggio, mi svegliò il telefono che era già buio, non fecci nemmeno caso all'ora, era la voce di Federico che mi diceva : Tonino, sono io, mi senti Tonino ? , sono io. Ma dove sei ?, gli risposi con la voce impastata. Sono a Catanzaro, fa li. A Catanzaro?, dico io, e cosa ci fai a Catanzaro ? Sto facendo gli esami di procuratore, dice, ho sentito che Maddalena sta male, che è in ospedale. Proprio così, gli dissi, te lo ricordi che seni aveva ?, non ci sono più : zac. Lui mi disse: ma cosa dici, Tonino, sei ubriaco? Certo che sono ubriaco, dissi io, sono ubriaco come un ubriaco e la vita mi fa orrore, e anche tu mi fa orrore che fai gli esami a Catanzaro, perché non l'hai sposata ? , lei era innamorata di te, non del Leo, e tu l'hai sempre saputo e non l'hai mai sposata per paura, perché hai sposato quella saputona di tua moglie, me lo spieghi ? , sei un fetente, Federicuccio. Sentii fare clic perché aveva ragganciato, io dissi qualche altra sconcezza a vuoto e poi ritornai a letto e sognai un campo di papaveri.

(...)

Rebus

p.29/30

      Stanotte ho sognato Miriam. Indossava una lunga veste bianca che da lontano sembrava una camicia da notte; avanzava lungo la spiaggia, le onde erano paurosamente alte e si frangevano in silenzio, doveva essere la spiaggia di Biarritz, ma era completamente deserta, io stavo seduto su una poltrona a sdraio, la prima di un'interminabile fila di poltrone deserte, ma forse era un'altra spiaggia, perché a Biarritz non mi ricordo poltrone come quelle, era solo l'idea di una spiaggia, e le ho fatto ceno col braccio invitandola a sedersi, ma lei ha continuato a camminare come se non fosse acorta di me, guardando fisso in avanti, e quando mi è passata vicino mi ha investito una folata di aria gelida, come un alone che si portava dietro : e allora, con lo stupore senza sorpresa dei sogni, ho capito che era morta.

A volte una soluzione sembra plausibile solo in questo modo : sognando. Forse perché la ragione è pavida, non riesce a riempire i vuoti fra le cose, a stabilire la completezza, che è una forma di semplicità, preferisce una complicazione piena di buchi, e allora la volontà affida la soluzione al sogno. Ma poi domani, o un altro giorno, sognerò che Miriam è viva, essa passerà vicino al mare e acconsentirà al mio richiamo e si siederà vicino a me su una sdraio della spiaggia di Biarritz, o un'altra idea di spiaggia, si ravvierà i capelli come faceva lei, con un gesto lento e languido, pieno di sensi, e guardando il mare mi indicherà una vela, o una nuvola, e riderà, e rideremo insieme di avercela fatta, di essere lì entrambi, di esserci trovati al nostro appuntamento.

     (...)

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